Metralla Rosa con Carla Tofano
Life is full of surprises, many brought to you by social media as they ride waves of memories that crash into the harbour on the rising tide.
The column below made its way back to me recently, taking me by storm. It was originally published in the weekly paper Urbe – a publication that provided a space to many of the alternative voices within the city of Caracas in the 90’s, a city whose life I was happy to witness and of which I was a lively protagonist. It would appear to be written in a very youthful first person and seems so have come back to remind me – for better or for worse – that while many things have happened to me since then, I still recognise myself within its words.
Parallelly, or perhaps paradoxically, one of the creative outlets that I was lucky enough to develop more recently in London as an art model – Art Model Collective – provided me with the opportunity to revisit the central subject of the article when we staged a tableaux vivant for a group of artists. With frozen gestures, a luxurious soundtrack and in the company of two other models – Manko and Simona – we created static visions, ready to be captured on paper by painters, cartoonists, illustrators and unrepentant creators, armed with crayons, charcoals, pencils, markers and brushes. Art Model Collective had designed a session in tribute to the 90s Riot Grrrl phenomenon which was – hand on heart – a lot of fun for us to produce. By immersing ourselves in a form of poetry that went beyond words on paper, we had the perfect excuse to play at being rock stars for a few hours as we designed an unruly life drawing session inspired by, and in tribute to the girl bands that were trending during the alternative rock scene of our youths.
And today I can bring together a selection of photographs from that session held in London in 2018 with a text written and published in Caracas in 1996, written precisely about those same female singers, proving that while everything changes, some feelings never age.
I prefer listening to their voices. I suspect it is because while my own voice gazes into its mirror in search of their self assured and emotional song that does not explode from my throat, those very same sounds always reenter my ears with a spirit of complicity. They sing with their long fingernails, they sing using their lipstick as a playing card, they sing furiously and happily and they sing with their menstrual blood and with their souls. For years women have always known how to restrain their voluptuousness in order to tame the market, that everything is conquered from within, that the honey trap must be effective and corrosive and that fighting a steady battle achieves long-lasting victories.
Since Danae, Isis and Salomé, women have known that seduction is a weapon that must work for you, not against you, and that those who have survived this historical boulevard of queens, heroines and faint hearted women have learnt the lessons of the uterus – a tutorial that does not hold back on its malevolent potions, maternal caresses and various sinister and perverted gimmicks. And yet they always seem to appear defenceless and, despite arming themselves with swords and thorns, never seem able to completely remove their gowns of silk – and it is precisely at this moment that we forgive them for the troubles they have caused us in battle. They coo even when screaming, and their intentions are threatening arrows disguised as harmless whispers.
They sing from above ground, their voices emanating from the entangled plants of desire, plotting with grace, love and fury; they know as much about army boots and trousers as they do about skirts and heels – they wear both worlds with identical grace. I like it when they attack with their toy guns and I like it when they laugh out loud – I like to feel understood and represented. And only then do you start to embrace this symbiotic relationship and long to know all about them, cut your hair just like them and wear the same clothes, precisely because they look so wow! You suffer with them when you hear their misfortunes and whenever you read about their opinions in a double page spread with glossy photographs you nod your head vigorously in agreement. You are invested in every rumour about their lives and all because you relate to the feminine sound of their voices which bring you back to yourself and tell the world all you have been trying to say.
The fact is though, I prefer it when the girls sing.
Yo Como Ella: published for the first time by Urbe on the 15th of February 1996.
Art Model Collective: Riot Grrrl! session held in February 2018 at the Underdog Gallery in London, featuring Carla Tofano, Manko Sebastian and Simona Žukaitė.
Photography: by Toby Deveson.
Graphic Design: promotional flyers by Manko Sebastian
La vita ti riserva delle sorprese, e così anche il moto ondoso dei ricordi che le reti sociali trascinano verso il porto quando sale la marea.
Questa rubrica che condivido qui sotto è stata pubblicata originariamente sul settimanale Urbe, una rivista che offriva spazio alle voci alternative della Caracas degli anni ‘90, una città della quale sono stata testimone entusiasta e vivace protagonista, tornò nella mia vita di recente, prendendomi alla sprovvista. Questo testo scritto in una giovanile prima persona, ritornò per ricordarmi che – nel bene o nel male – molte cose mi sono successe, e, nonostante tutto, continuo a riconoscermi nelle sue parole.
Parallelamente o paradossalmente, uno dei progetti creativi che ultimamente ho avuto la fortuna di portare avanti a Londra, come modella d’arte, e cioè l’Art Model Collective, mi ha permesso di rivisitare l’argomento centrale di questo articolo, grazie alla messa in scena di un tableau vivant per artisti. Con gesti congelati, una band musicale di fama, ha creato insieme ad altre due modelle – Manko e Simona – delle visioni estatiche, che potessero essere materializzate sulla carta da pittori, disegnatori, illustratori e creativi audaci armati di pastelli, carboncini, matite, evidenziatori e pennelli. Con Art Model Collective abbiamo realizzato una sessione che è servita da tributo al fenomeno dei movimenti Riot Grrrl degli anni ‘90 e la verità è che ci siamo divertiti molto. Esplorando un tipo di poetica diversa da quella del testo, abbiamo organizzato una rivoluzionaria sessione di disegno che a sua volta è stata un omaggio alle band di ragazze che sono state di tendenza sulla scena del rock alternativo dei nostri anni giovanili, ma anche una scusa per giocare a essere delle rock star per qualche ora.
Oggi, ho la possibilità di unire alcune fotografie di questa sessione portata a termine a Londra nel 2018 a un testo scritto a Caracas nel 1996, per dimostrare che, anche se tutto cambia, alcuni sentimenti non invecchiano.
Ascoltare la loro voce mi piace di più. Ho l’impressione che sia dovuto al fatto che la mia voce si riflette nello specchio di quei suoni ricercati ed emozionali, che sebbene non provengano dalla mia gola, rimbalzano sempre nel mio udito con un senso di complicità. Cantano con le unghie lunghe, cantano con il rossetto nella manica, cantano furiose e contente, cantano seguendo le regole e cantano con l’anima. Per anni hanno saputo reprimere la loro sensualità per meritare l’attenzione del mercato: le donne sono consapevoli che ogni cosa si conquista da dentro, che l’inganno è un’arma efficace e corrosiva, e che la battaglia lenta ottiene vittorie che restano.
Fin da Danae, Iside o Salomè, sanno che la seduzione è un’arma a favore e non contro, loro, che oggi sopravvivono al passaggio storico di regine, eroine e femminucce timorose, hanno imparato per intero la lezione dell’utero e questa posizione non risparmia pozioni malefiche, carezze materne e ogni genere di aggeggi di perversione sinistra. Tuttavia, appaiono sempre indifese,e sebbene si armino di spade e di lame, non riescono mai a togliersi di dosso del tutto la seta, ed è proprio in quel momento che perdoniamo loro qualsiasi guerra. Cullano, anche se urlando, e le loro intenzioni sono sempre dardi minacciosi travestiti da sussurri innocui.
Cantano da questa parte della terra, e le loro voci si alzano dal groviglio di desideri che intreccia con grazia amori e furori; conoscono sia gli stivali militari e i pantaloni, sia le gonne e i tacchi alti: con la stessa disinvoltura scelgono entrambi i modi di vestire. Mi piace quando prendono le loro pistole giocattolo e ti attaccano, mi piace quando ridono forte, mi piace sentirmi capita e descritta. Poi cominci a perfezionare il meccanismo simbiotico e vuoi conoscere la loro vita, tagliarti i capelli come loro, e seguire lo stesso loro stile perché è figo! Ti appassioni alle loro storie e, ogni volta che leggi quello che hanno affermato su un argomento o un altro durante un’intervista a doppia pagina corredata di foto a colori, annuisci affermativamente con la testa; ti interessi di qualsiasi notizia sulle loro vicende e tutto questo perché il tono femminile della loro voce ti riporta a te stessa e parla a lui di quello che anche tu ti sei stancata di dirgli.
Semplicemente mi piace quando cantano loro.
Yo Como Ella: pubblicato per la prima volta su Urbe dal 15 febbraio 1996.
Art Model Collective: Riot Grrrl! sessione tenuta nel febbraio 2018 alla Underdog Gallery di Londra, con Carla Tofano, Manko Sebastian e Simona Žukaitė.
Fotografia: di Toby Deveson.
Disegno dei volantini promozionali di Manko Sebastian
La vida te da sorpresas, y el oleaje de recuerdos que las redes sociales traen a puerto cuando sube la marea, también.
Esta columna que aquí comparto fue originalmente publicada en el periódico semanal Urbe, un diario que le ofrecía espacio a las voces alternativas de la Caracas en los 90’s, una ciudad de la que fui feliz testigo y vivaz protagonista, volvió a mí un día reciente, tomándome por asalto. Este texto escrito en una muy juvenil primera persona, volvió para recordarme que – para bien o para mal- muchas cosas me han pasado, y sin embargo, sigo reconociéndome en sus letras.
Paralela o paradójicamente, uno de los proyectos creativos que tuve la fortuna de desarrollar mas recientemente en Londres, como modelo de arte – Art Model Collective – me permitió re-visitar el tema central de este artículo, gracias a la puesta en escena de un tableaux vivant para artistas. Con gestos congelados, una banda sonora de lujo, y creando junto a otras dos modelos – Manko y Simona – visiones estáticas, que pudieran ser plasmadas en papel, por pintores, dibujantes, ilustradores y creativos impenitentes armados de creyones, carboncillos, lápices, marcadores y pinceles. Con Art Model Collective diseñamos una sesión que fue un tributo al fenómeno noventero de las Riot Grrrl y la verdad es que nos divertimos mucho. Explorando un tipo de poética distinta a la del texto, diseñamos una revoltosa sesión de dibujo que fue a su vez un homenaje a las bandas de chicas que fueron tendencia en la escena rock alternativa de nuestros años mozos, y una excusa para jugar a ser rock stars por unas horas.
Hoy, me puedo permitir juntar algunas fotos de esa sesión de dibujo llevada a cabo en Londres en 2018 y un texto escrito y publicado en Caracas en 1996, acerca de esas mismas cantantes femeninas, para comprobar que aunque todo cambia, algunos afectos no envejecen.
Escuchar las voces de ellas me gusta más. Sospecho que se debe a que mi voz se mira en el espejo de esos sonidos relamidos y emocionales, que si bien no estallan a partir de mi garganta, siempre se devuelven hasta mi oído con ánimo de complicidad. Ellas cantan con las uñas largas, cantan con la pintura de labios bajo la manga, cantan furiosas y contentas, cantan con la regla y con el alma. Durante años supieron encorsetar sus voluptuosidades para merecer la atención del mercado: las mujeres saben que cada cosa se conquista desde adentro, que la trampa es arma efectiva y corrosiva, y que la pelea lenta alcanza victorias que se quedan.
Desde Danae, Isis o Salomé, ellas saben que la seducción es un arma a favor y no en contra, ellas las que hoy sobreviven al paseo histórico de reinas, heroínas y pusilánimes hembras, aprendieron toda la lección del útero y esta cátedra no escatima pócimas malévolas, caricias maternas y toda clase de artilugios de perversión siniestra. Sin embargo, ellas siempre parecen indefensas, aunque se armen de espadas y espinas, nunca logran desvestir del todo la seda, y es justo en ese momento cuando les perdonamos cualquier guerra. Ellas arrullan aunque griten y sus intenciones siempre son dardo amenazador aunque pretendan susurros de poca peligrosidad.
Ellas cantan de este lado de la tierra, sus voces se alzan desde la enredadera de deseos que traman con gracia amores y rabietas, ellas saben tanto de botas de militares y pantalones, como de faldas y tacones: con idéntica destreza calzan ambos discursos. Me gusta cuando toman sus armas de juguete y te atacan, me gusta cuando se ríen en voz alta, me gusta sentirme entendida y descrita. Después empiezas a optimizar el mecanismo simbiótico y quires saberles la vida, cortarte el cabello a su modo y lucir su mismo estilo porque es guao!!. Padeces con sus historias y cada vez que lees lo que opinaron sobre esto o sobre aquello en una entrevista doble página con fotos a color asientes afirmativamente con la cabeza, te interesas por cada rumor acerca de sus andanzas y todo porque el tono femenino de su voz te remite a ti misma y le habla a él do lo que tú te has cansado de decir también.
Básicamente me gusta más cuando cantan ellas.
Yo Como Ella: publicado por primera vez en Urbe del 15 al 29 de Febrero de 1996.
Art Model Collective: ¡Riot Grrrl! sesión celebrada en febrero de 2018 en Underdog Gallery, en Londres, con Carla Tofano, Manko Sebastian y Simona Žukaitė.
Fotografía: por Toby Deveson.
Diseño Gráfico de los folletos promocionales de Manko Sebastian